Il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, il testo del Decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2019/1152, disciplinando una serie di prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro. Di seguito il contenuto delle principali disposizioni. PERIODO DI PROVA Nei casi in cui è previsto il periodo di prova, questo non può essere superiore a set mesi, salva la durata inferiore prevista dalle disposizioni dei contratti collettivi. CUMULABILITÀ DEGLI IMPIEGHI Fatto salvo l’obbligo di fedeltà previsto dall’articolo 2105 del codice civile, il datore di lavoro non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa in orario al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata, né per tale motivo riservargli un trattamento meno favorevole. ORARIO DI LAVORO E COLLOCAZIONE TEMPORALE Qualora con riferimento alla tipologia del rapporto di lavoro non sia predeterminato l’orario di lavoro e la sua collocazione temporale, il datore di lavoro non può imporre al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa, salvo che ricorrano entrambe le seguenti condizioni: RICHIESTA DI STABILIZZAZIONE E DIRITTO DI PRECEDENZA Ferme restando le disposizioni più favorevoli già previste dalla legislazione vigente, il lavoratore che abbia maturato un’anzianità di lavoro di almeno 6 mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente e che abbia completato l’eventuale periodo di prova, può chiedere che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile. FORMAZIONE OBBLIGATORIA Quando il datore di lavoro è tenuto, secondo previsioni di legge o di contratto individuale o collettivo, a erogare ai lavoratori una formazione per lo svolgimento del lavoro per cui sono impiegati, tale formazione, da garantire gratuitamente a tutti i lavoratori, va considerata come orario di lavoro e, ove possibile, deve svolgersi durante lo stesso.
Nel rapporto di lavoro a tempo determinato, il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego. In caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.
In caso di sopravvenienza di eventi, quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori, il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata del l’assenza.
Per le pubbliche amministrazioni continuano ad applicarsi le disposizioni del regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni.
Il datore di lavoro può limitare o negare al lavoratore lo svolgimento di un altro e diverso rapporto di lavoro qualora sussista una delle seguenti condizioni:
– un pregiudizio per la salute e la sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi;
– la necessità di garantire l’integrità del servizio pubblico;
– il caso in cui la diversa e ulteriore attività lavorativa sia in conflitto d’interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà.
I principi su enunciati si applicano anche al committente nell’ambito dei rapporti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa.
Restano ferme le disposizioni in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi per i dipendenti pubblici.
Le suddette disposizioni non si applicano ai lavoratori marittimi e ai lavoratori del settore della pesca.
– il lavoro si svolga entro ore e giorni di riferimento predeterminati;
– il lavoratore sia informato dal suo datore di lavoro sull’incarico o la prestazione da eseguire con ragionevole periodo di preavviso.
Il lavoratore, in carenza di una o entrambe le condizioni precedenti, ha il diritto di rifiutare di assumere un incarico di lavoro o di rendere la prestazione, senza subire alcun pregiudizio anche di natura disciplinare.
Il datore di lavoro che abbia stabilito, conformemente ai criteri individuati dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il numero delle ore minime retribuite garantite deve informare il lavoratore:
– del numero delle ore minime retribuite garantite su base settimanale, nella misura indicata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
– delle maggiorazioni retributive, in misura percentuale rispetto alla retribuzione oraria base, spettanti per le ore lavorate in aggiunta alle ore minime retribuite garantite.
Qualora, nell’ambito dei rapporti di lavoro il datore di lavoro revochi un incarico o una prestazione di lavoro precedentemente programmati, senza un ragionevole periodo di preavviso, è tenuto a riconoscere al lavoratore la retribuzione inizialmente prevista per la prestazione pattuita dal contratto collettivo, ove applicabile o, in mancanza, una somma a titolo di compensazione per la mancata esecuzione dell’attività lavorativa, la cui misura non può essere in ogni caso inferiore al 50 per cento del compenso inizialmente pattuito per la prestazione annullata.
Le suddette disposizioni:
– non si applicano ai lavoratori marittimi e ai lavoratori del settore della pesca;
– si applicano anche al committente nell’ambito dei rapporti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa.
Il lavoratore che abbia ricevuto risposta negativa può presentare una nuova richiesta dopo che siano trascorsi almeno 6 mesi dalla precedente.
Il diritto può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà ai datore di lavoro o al committente entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. II diritto di precedenza si estingue una volta trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto.
Entro 1 mese dalla richiesta del lavoratore il datore di lavoro o il committente deve fornire risposta scritta motivata.
Le sudette disposizioni non si applicano ai lavoratori alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, ai lavoratori marittimi e del settore della pesca ed ai lavoratori domestici.
Il suddetto obbligo non riguarda la formazione professionale o la formazione necessaria al lavoratore per ottenere, mantenere o rinnovare una qualifica professionale, salvo che il datore di lavoro non sia tenuto a fornirla secondo la legge o la contrattazione collettiva.
Restano ferme le disposizioni riguardanti la formazione in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.