Nel settore scolastico, l’immissione in ruolo costituisce una misura alternativa idonea a sanzionare e cancellare l’illecito comunitario realizzatosi mediante la illegittima reiterazione da parte della P.A. datrice di lavoro di contratti di lavoro a tempo determinato. Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ ordinanza del 24 novembre 2022, n. 34660. La Suprema Corte ha confermato la sentenza dei giudici del gravame che avevano accolto l’appello del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e respinto la domanda proposta dai docenti ricorsi in giudizio al fine di ottenere il risarcimento del danno conseguente ad illegittimità dei contratti a termine stipulati con l’amministrazione. La Corte distrettuale, nella specie, aveva posto a fondamento della decisione la circostanza che i docenti in questione risultavano assunti in ruolo già nel corso del giudizio di primo grado, a seguito di una serie di contratti a termine della durata superiore a tre anni; pertanto, la domanda di condanna del Ministero al risarcimento del danno non era fondata perché veniva in rilievo un rapporto ormai stabilizzato, mancando la prova di un danno diverso ed ulteriore, atteso che l’amministrazione non aveva impugnato la statuizione del giudice di primo grado in ordine al riconoscimento dell’anzianità pregressa. I docenti hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza, censurandola per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, in punto di risarcimento da abuso di contratti a termine. Tale doglianza è stata ritenuta infondata dal Collegio, che ha richiamato sul punto il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, nel settore scolastico, l’immissione in ruolo rappresenta una delle misure alternative idonee a sanzionare e cancellare l’illecito comunitario, realizzatosi mediante la illegittima reiterazione da parte della P.A. datrice di lavoro di contratti di lavoro a tempo determinato su posti in organico di diritto.
I Giudici di legittimità non hanno mancato di rilevare, inoltre, che tale immissione in ruolo è stata riconosciuta quale misura idonea ed adeguata anche dalla Corte di Giustizia, giacchè l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, recepito nella Direttiva 1999/70/CE, non impone agli Stati membri di prevedere un diritto al risarcimento del danno, in aggiunta alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.